Norcia con la sua cultura millenaria ha accumulato un bagaglio di tradizioni sorprendente, il sacro e il profano si mescolano nelle manifestazioni secolari, che ancor oggi si svolgono nella cittadina.
Tracce salvatesi dallo scorrere del tempo, lasciano presupporre
che l'altopiano nursino vide nascere i primi insediamenti
umani sin dall'età Neolitica...
Dire Norcino vuol dire Norcia. Oggi con questo termine si indica l’abile artigiano che produce prelibati salumi, venduti presso le Norcinerie. Storicamente invece questo termine ha indicato l’abitante di Norcia, ma anche il chirurgo della scuola preciana, in altri casi il macellaio; fu anche una maschera teatrale. La vicenda storica del Norcino è molto complessa ed è nostra intenzione far comprendere quanto questo mestiere faccia parte della cultura nursina e della nostra vicenda personale.
Tutte la famiglie contadine possedevano un maiale. La sua alimentazione era costituita da ghiande, granturco, patate, con l’aggiunta degli “avanzi di casa”, come le briciole del pane e tutte le altre poche rimanenze di cibo. Era assolutamente vietato sprecare questi preziosi avanzi, accumulati man mano dentro “lu sicchittu de lu puòrcu”, generalmente sistemato in cucina. Il suino di casa era ricoverato dentro “lu stallittu” e spesso anche i bambini dovevano occuparsi di governarlo. Di solito veniva ucciso durante il mese di gennaio e le sue carni lavorate con il favore delle basse temperature. I salumi erano poi messi a stagionare nelle cantine. Il loro consumo era dettato dalla stagionatura: l’ultimo prodotto ad essere mangiato, perché con il tempo di maturazione più lungo, era il prosciutto. A Norcia non esistevano grandi allevamenti di suini, le famiglie, come già ricordato, possedevano il loro capo destinato all’autoconsumo, tutt’al più se ne potevano trovare alcuni liberi per i boschi.
Un appuntamento fondamentale per i Norcini era quello del 16 di agosto. In quel giorno si svolgeva, e si tiene tutt’ora, la fiera di “sienti ‘n può”. Durante quella giornata infatti i Mastri Norcini attivi soprattutto a Roma, Livorno e Pisa arrivavano a Norcia per ingaggiare adulti e giovani, che avevano da poco terminato le scuole elementari, da portare con loro in città come aiuto bottega o “a fà la stagione”. La trattativa per stabilire il compenso del lavoro che i nursini avrebbero svolto in città iniziava proprio con l’espressione “senti un po’ tu…”.
Anche la nostra famiglia ha vissuto questa fase della migrazione stagionale, infatti, il giovane Peppe ha lavorato per anni a Livorno. “Esperienza importante e dura – commenta Peppe – tante volte non potevamo apparecchiare la tavola perchè dovevamo usarla come scala per appenderci sopra i salumi freschi”; prosegue con il ricordo: “in ogni città c’erano tecniche di lavoro diverse, guardando ho capito e imparato quale era giusta e quale no…come dice il proverbio: ‘impara l’arte e mettila a parte!’”.
Ancora oggi produciamo i nostri salumi come Mastro Peppe ha imparato non solo durante queste trasferte toscane ma anche dai suoi genitori e sta tramandando a noi figli, Fabrizio ed Emiliano. Dal 1938 la nostra famiglia vede oggi la quarta generazione di Norcini, continuando sempre a produrre e stagionare le migliori Norcinerie, proprio come un tempo.